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Cinema e scuola

23 Giu

Il tour de force del TFA che mi vede impegnato dal mase di marzo mi sta tenendo lontano dai miei hobby e dalle attività del tempo libero; tra queste anche la visione di film e il conseguente aggiornamento di questo blog. Per cercare di interrompere questo lungo silenzio, ho pensato di scrivere qualcosa che lega il mondo della scuola a quello del cinema: in particolare vorrei frugare nella mia memoria per tirare fuori, tra i film che ho visto, quelli che hanno un’ambientazione scolastica o che trattano problemi in qualche modo legati al mondo della scuola. Il primo film che mi viene in mente è L’attimo fuggente (1989) di Peter Weir, con un grandissimo Robin Williams che interpreta un professore innovativo e coraggioso che riesce a far appassionare i suoi allievi alla letteratura. Oltre al grande Robin, il film si distingue per l’ottima prova di un gruppo di giovani attori tra cui spiccano Ethan Hawke e Robert Sean Leonard.

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Andando indietro con gli anni troviamo una pellicola per me straordinaria, Il seme della violenza (1955) di Richard Brooks; un professore (interpretato da Glenn Ford) viene mandato a insegnare in una scuola frequentata da ragazzi difficili e si troverà coinvolto in un episodio di violenza. Riuscirà a farsi rispettare e a trasmettere segnali positivi ai suoi alunni, in particolare a un ragazzo di colore (prima prova importante di un giovanissimo Sidney Poitier). Dramma robusto ed efficace con importanti riscontri su tematiche sociali care al grande regista e sceneggiatore Richard Brooks.

Il seme della violenza1

Lo stesso Sidney Poitier – bravissimo attore, tra i miei preferiti di sempre – lo ritroviamo ormai maturo in un film con qualche punto di contatto col precedente: La scuola della violenza (1967) di James Clavell. L’attore veste i panni di un professore che insegna in una classe di un college inglese: con ciascuno dei suoi alunni cercherà di stabilire un rapporto positivo e umano rompendo progressivamenta le iniziali diffidenze e pregiudizi e riuscendo a farsi amare da essi.

la scuola della violenza2

Concludo questa breve panoramica con un altro film degli anni 60: L’anno crudele (1962) di Peter Glenville. Ancora una volta la scuola fa da sfondo alla vicenda centrale del film: un professore attempato (un immenso Laurence Olivier) non cede alle avance di una sua intraprendente allieva (una sorprendente Sarah Miles) invaghitasi di lui. Questa, per ripicca lo accusa di averla violentata durante una gita scolastica. Nel corso del processo l’allieva si pente e ritratta le accuse. Film raffinato di scuola inglese, con dialoghi ben curati e grandissime interpretazioni dei protagonisti: oltre a quelle dell’indiscutibile Lord Olivier e della grande promessa Sarah Miles, ricordiamo quelle della bravissima attrice francese Simone Signoret e dell’altra rivelazione del film: Terence Stamp.

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I ragazzi venuti dal Brasile (1978)

26 Gen
Articolo già pubblicato il 07/09/2011 su http://carovecchiocinema.splinder.com/

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TRAMA

1974 – Il giovane Barry Kohler si trova in Paraguay per seguire i movimenti di un gruppo di ex ufficiali nazisti che si trovano a piede libero in sudamerica. Kohler intuisce che c’è sotto qualcosa di grosso e si mette in contatto con Ezra Lieberman, un famoso cacciatore di criminali nazisti, ormai anziano, che vive a Vienna con la sorella Esther. Lieberman capisce che il ragazzo si sta mettendo nei guai e gli consiglia di desistere da questa pericolosa impresa e di andarsene immediatamente dal Paraguay. Ma Kohler continua la sua personale indagine e scopre che il gruppo di ex nazisti ha intenzione di riunirsi nella villa di uno di essi; con la collaborazione di un servo della villa, il piccolo Ismael, Kohler riesce a far piazzare un ricevitore radio nella sala riunioni per poter ascoltare e registrare la conversazione dall’esterno dell’abitazione. La riunione è presieduta da Josef Mengele, colui che, durante il nazismo, fu il medico del campo di concentramento di Auschwitz e autore di innumerevoli atroci esperimenti nei confronti di tantissimi deportati. Mengele espone ai suoi camerati un inquitante progetto di rinascita del nazismo il quale, per poter essere attuato, prevede l’assassinio di 94 uomini di 65 anni di età che vivono in varie nazioni del mondo. Questi delitti devono avvenire secondo una tabella di marcia ben definita e con scadenze temporali più precise possibili. Qualcosa però non và per il verso giusto e si scopre la presenza del ricevitore: la riunione viene subito interrotta e il piccolo collaboratore di Kohler, una volta scoperto, è costretto a rivelare l’identità della spia. Kohler, intanto, giunto al suo appartamento, si mette subito in contatto telefonico con Ezra Lieberman e gli rivela quanto scoperto, ma prima che la conversazione si concluda, il giovane viene assassinato dagli uomini di Mengele. Quest’ultimo capisce che all’altro capo del telefono c’è Lieberman, ma nonostante ciò è fermamente deciso a proseguire nell’attuazione del suo progetto, convinto che gli indizi sono troppo vaghi e sconnessi perchè il piano possa essere scoperto. Lieberman, dal canto suo, vorrebbe fare luce sulla situazione ma effettivamente le informazioni a sua disposizione non gli consentono di capire cosa stia tramando l’ex medico del terzo Reich.
L’anziano cacciatore di nazisti decide allora di raccogliere informazioni su tutti gli uomini di 65 anni che vengono assassinati nelle nazioni di cui gli ha parlato Kohler e di andare a trovare le vedove di questi uomini. La maggior parte di queste visite si rivela infruttuosa, però il nostro arguto signore scopre che due dei figli di questi uomini assassinati sono identici fra loro sia come aspetto che come comportamento. Egli scopre, inoltre, che questi ragazzi, che hanno circa 14 anni, capelli neri e occhi azzurri, non sono figli naturali ma sono stati adottati tramite un’agenzia sudamericana e l’intermediario delle adozioni era una donna tedesca. Lieberman pensa che la donna dell’agenzia possa essere Frieda Maloney, una ex guardiana di un campo di concentramento che ora si trova in carcere con l’accusa di aver ucciso tanti bambini ebrei. Fu proprio Liberman che la trovò dopo tanti anni dalla caduta del nazismo e la fece condannare. Dal colloquio in carcere con la donna, Lieberman ottiene delle informazioni decisive per la sua indagine: Frieda Maloney, infatti, ammette di aver effettivamente lavorato in una agenzia di adozioni gestita da ex nazisti e che il suo compito era quello di affidare dei bambini provenienti dal Brasile a una ventina di famiglie americane. Il nostro riesce anche a farsi dare il nome di una di queste famiglie a cui è stato affidato uno dei bambini in questione: si tratta della famiglia Wheelock che vive in Pennsylvania. Lieberman telefona subito a questa famiglia e avverte il signor Wheelock che qualcuno potrebbe ucciderlo e decide di andare là di persona.
Intanto si viene a sapere presso l’organizzazione neonazista che finanzia il progetto di Mengele, che Lieberman oramai conosce troppe cose e si decide di sospendere l’operazione e di richiamare tutti i sicari. Mengele non demorde e vuole continuare da solo a portare avanti il suo folle progetto e, quindi, proseguire con l’assassinio dei rimanenti uomini della sua lista. Il primo di questi che deve essere ucciso è proprio il signor Wheelock che vive in Pennsylvania. Per Lieberman ormai è chiaro che i bambini provenienti dal Brasile e che sono stati dati in affidamento da Frieda Maloney sono stati creati dal dottor Josef Mengele. Ma non riesce ancora a comprendere perchè i padri adottivi di questi bambini vengono assassinati una volta raggiunta l’età di 65 anni e, nel contempo, quando i loro figli adottivi ne hanno compiuto 14. La risposta a quest’ultimo interrogativo Lieberman la trova dopo una chiacchierata col professor Bruckner, dell’Università di Vienna, il quale gli fornisce delle spiegazioni sul meccanismo della clonazione e come questa possa essere potenzialmente applicata anche sugli esseri umani. In quest’ultimo caso la clonazione potrebbe consentire di ottenere delle repliche di grandi uomini come Mozart o Einstein, per esempio. Bruckner spiega anche che per ottenere una copia identica di un essere umano sia dal punto di vista fisico che intellettuale è necessario che il nuovo essere clonato viva in un contesto ambientale che assomigli il più possibile a quello in cui ha vissuto la persona che si vuole replicare. Lieberman focalizza la sua attenzione sull’ambiente familiare in cui hanno vissuto i ragazzi provenienti dal Brasile che, nei i casi a lui noti, presenta delle forti analogie: padre un po’ anziano e autoritario con un posto di dipendente statale, madre un po’ giovane e permissiva; infine il padre muore all’età di 65 anni. La conclusione di Lieberman è agghiacciante: il piano di Mengele è quello di cercare di creare un altro Adolf Hitler!
Come previsto, Lieberman parte alla volta della Pennsylvania per trovare la famiglia Wheelock ma Josef Mengele arriva poco prima di lui. Il signor Wheelock in quel momento si trova solo in casa e quando apre la porta e chiede all’uomo che gli sta davanti se si tratta di Lieberman, Mengele astutamente annuisce. Wheelock ha in casa dei doberman addestrati ad attaccare chiunque cerchi di minacciare il loro padrone. Lo spietato medico tedesco allora, con una scusa, riesce a convincere Wheelock a rinchiudere i suoi cani in una stanza e subito dopo lo uccide con alcuni colpi di pistola. Nel frattempo giunge alla casa dei Wheelock anche Lieberman: appena questi vede Mengele gli si avventa contro ma quell’altro, essendo armato, riesce ad avere la meglio. Lieberman è ferito ma, nonostante Mengele gli tenga puntata contro la pistola, riesce con uno scatto ad aprire la porta della stanza in cui si trovavano rinchiusi i cani di Wheelock. Le bestie si avventano subito su Mengele facendogli perdere l’arma e rendendolo inoffensivo. A quel punto il figlio adottivo dei Wheelock, Bobby, rientra a casa da scuola e si trova davanti agli occhi i due uomini feriti. Alla vista del ragazzo, Mengele è colto da un senso di compiacimento per una delle sue creature e cerca di spiegargli lo scopo a cui è stato predestinato. L’agonizzante Lieberman dice a Bobby che Mengele ha ucciso suo padre e quando il ragazzo vede il corpo del genitore riverso in cantina ordina ai cani di attaccare a morte Mengele. Lieberman viene ricoverato in ospedale e riesce a sopravvivere nonostante le gravi ferite riportate. La morte di Mengele porta via con sè l’inaudito tentativo di creare un nuovo Adolf Hitler, ma ora un nuovo problema si presenta nei pensieri di Lieberman: se si venisse a conoscenza dei nomi di tutti i ragazzi clonati da Mengele, qualcuno potrebbe decidere di soppriemerli perchè potenzialmente pericolosi. Per evitare che ciò possa accadere, Lieberman brucia la lista con i loro nomi che era riuscito a prelevare dalla giacca di Mengele dopo che questi era stato ucciso dai doberman in casa Wheelock.

CONSIDERAZIONI PERSONALI

Dopo aver diretto film di grande spessore come Il pianeta delle scimmie, Patton generale d’acciaio e Papillon, Franklin J. Schaffner dimostra tutta la sua abilità e consolidata esperienza con questo I ragazzi venuti dal Brasile. Certamente fare una trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Ira Levin poteva essere un’impresa rischiosa viste le tematiche in gioco (neonazismo e clonazione umana) e soprattutto si poteva correre il rischio di cadere nel thriller-fantastico convenzionale. Invece, grazie anche a una sceneggiatura che rispecchia l’impostazione del romanzo, il buon regista riesce a sfornare un robusto film, teso e coinvolgente, basato su una iniziale vicenda misteriosa che viene svelata gradualmente con un crescendo ben ritmato. Forse l’unico momento in cui si eccede nel tentativo di enfatizzare la tensione è nella parte finale del film quando i due protagonisti-antagonisti si incontrano nella casa dei Wheelock. Ma si tratta di un piccolo peccato veniale che non può certo compromettere l’efficacia di questa pellicola. Altro grande punto di forza è il cast di attori scelti per questo film. Per il ruolo dei due protagonisti, Mengele e Lieberman, sono stati designati due grandissimi nomi del cinema: Gregory Peck e Laurence Olivier. Per Gregory Peck si è trattato di un ruolo insolito; infatti l’attore è stato quasi sempre impiegato in parti di personaggi positivi. Quì la sfida per lui è stata difficile ma è riuscito a cavarsela bene e grazie alla sua grande esperienza ha dato vita a un personaggio senza scrupoli, esaltato, con i suoi scatti d’ira e i suoi folli vaneggiamenti. Dall’altra parte c’è l’interpretazione assolutamente monumentale di Lord Olivier: intensa, precisa, a tratti anche ironica, con una espressività e una gestualità impressionanti. Ottimi anche gli altri interpreti di supporto a cominciare dall’inossidabile James Mason e dalla bravissima Lilli Palmer, senza dimenticare Uta Hagen e Steven Guttemberg. Degna di menzione anche l’efficace colonna sonora firmata da Jerry Goldsmith basata su un valzer cupo e inquietante.

Alcuni dati sul film:

Titolo originale: The boys from Brazil
Anno: 1978
Genere: drammatico, fantastico
Regia: Franklin J. Schaffner
Sceneggiatura: Heywood Gould
Soggetto: da un romanzo di Ira Levin
Musica: Jerry Goldsmith

Cast:
Gregory Peck interpreta il dottor Josef Mengele
Laurence Olivier interpreta Ezra Lieberman
James Mason interpreta Eduard Seibert
Lilli Palmer interpreta Esther Lieberman
Uta Hagen interpreta Frieda Maloney
Steven Guttenberg interpreta Barry Kohler
John Dehner interpreta Henry Wheelock
Rosemary Harris interpreta la signora Doring
Anne Meara interpreta la signora Curry
John Rubinstein interpreta David Bennett
Jeremy Black interpreta Jack Curry, Simon Harrington, Erich Doring, Bobby Wheelock
Denholm Elliott interpreta Sidney Beynon
David Hurst interpreta Strasser
Bruno Ganz interpreta il professor Bruckner
Walter Gotell interpreta Mundt
Wolfgang Preiss interpreta Lofquist
Sky Dumont interpreta Hessen

Alcune immagini: